Cosa sono i bias cognitivi?
Quante volte capita di prendere decisioni, magari affrettate, di cui ci pentiamo subito dopo? Quante volte compiamo scelte che pensiamo essere corrette, ma che invece sono figlie di errori di valutazione e interpretazione, che quindi comportano conseguenze più o meno gravi? Tutti noi siamo soggetti e influenzati a portare avanti determinati comportamenti facendo riferimento, a livello non conscio, a ideologie, percezioni personali e deformate della realtà. Questo dipende da processi mentali chiamati bias cognitivi, che entrano in gioco ogni volta che pensiamo, interpretiamo e traiamo conclusioni in base alla realtà che ci circonda.
I bias cognitivi: una definizione
I bias cognitivi, come vengono definiti in psicologia, sono distorsioni del pensiero attuate a livello non conscio nella valutazione di fatti e avvenimenti. Indicano, più nello specifico, la tendenza delle persone a creare una lettura della realtà totalmente soggettiva che quindi non necessariamente corrisponde all’evidenza.
Questa versione distorta della realtà si sviluppa in base all’interpretazione e all’abbinamento di informazioni ed esperienze in possesso dell’individuo, anche non per forza connesse in modo logico e semantico tra di loro: questa distorsione, a cui tutti siamo soggetti, ovviamente porta a prendere decisioni in base ad errori di valutazione o giudizi non oggettivi.

Come nascono e perché incorriamo nei bias cognitivi?
I tre apparati del cervello vengono divisi, come teorizzato dallo psicologo Premio Nobel Daniel Kahneman, in due differenti sistemi: System 1 (cervello proto-rettiliano e limbico) e System 2 (neo-corteccia). La parte più antica e istintiva del nostro cervello, il System 1 rappresentato dal cervello proto-rettiliano e limbico, è quella che in prima battuta orienta le nostre scelte e motiva i nostri comportamenti tenendo conto di stimoli sensoriali, emozioni ed esperienze vissute dall’individuo.
Ciò avviene in modo totalmente non conscio e nell’ottica di prendere decisioni quanto più efficaci con il minor sforzo possibile: proprio come avveniva milioni di anni fa, con i nostri antenati obbligati a compiere scelte rapide per sopravvivere nella Savana, il System 1 ancora oggi tende a favorire una presa di decisione rapida e istintiva, che però dà vita a errori di valutazione come i bias cognitivi e le euristiche.

Il nostro approccio di fronte alle scelte viene infatti spesso definito euristico, un processo che fa uso di scorciatoie mentali per permetterci di arrivare a formulare giudizi in pochissimo tempo sfruttando ricordi, associazioni mentali e sensazioni, di cui fanno parte anche i bias cognitivi.
Quali sono i bias più noti?
I bias cognitivi in cui possiamo incorrere sono numerosi, tanto che ne contano quasi duecento. I più noti e più diffusi, però, sono:
- Anchoring bias: come spiegato in questo articolo, il nostro cervello predilige un processo di scelta rapido, incorrendo però in diversi errori di valutazione. Il bias dell’ancoraggio indica proprio uno di questi problemi, sottolineando come spesso tendiamo a prendere decisioni basandoci sul confronto tra un insieme limitato di elementi e fattori che possono indirizzare la scelta, molto spesso i primi che ci vengono presentati e che a livello non conscio utilizziamo come metri di paragone con le informazioni che seguiranno. Come spiega Daniel Kahneman, l’ancoraggio si verifica quando le persone, dovendo assegnare un valore a una quantità ignota, partono, per farlo, da un determinato valore disponibile. Le stime si mantengono vicine al numero da cui i soggetti erano partiti. Un esempio noto dell’anchoring in azione ha a che fare con la presentazione dell’iPad di Apple: Steve Jobs, sul palco della convention Apple, presentò al pubblico il prodotto con un primo prezzo di mercato valutato per liPad: 999 dollari. Poco dopo, l’ex CEO di Apple rivelò il prezzo finale che l’azienda aveva scelto per il prodotto: 499 €. Con questo meccanismo, il prezzo finale di iPad è parso estremamente conveniente e vantaggioso, anche se il primo valore presentato da Steve Jobs non avrebbe dovuto avere alcuna rilevanza per i clienti Apple, in quanto mai realmente applicato al prodotto in fase di lancio.
- Bias della negatività: questo bias ci spinge a rivolgere molta più attenzione a errori, feedback negativi rispetto a successi e competenze dimostrate. Questo bias ha molto a che fare con le convinzioni che noi stessi abbiamo delle nostre skill e performance.
- Bias del pavone: i social media insegnano. È molto più semplice, soddisfacente e desiderato condividere i propri successi rispetto ai fallimenti. Questo bias, di certo non nato con l’avvento delle piattaforme digitali, ci spinge a veicolare agli altri un’immagine di noi migliore o comunque filtrata positivamente, affinché le persone si concentrino soprattutto sugli aspetti positivi della nostra vita.
- Bias della salienza: questo bias ci porta a sovrastimare la frequenza in cui un evento, un dettaglio o un’azione si ripetono nella nostra quotidianità. Questo bias indica la nostra tendenza ad essere influenzati dagli input più rilevanti – o salienti, per l’appunto – a cui ci troviamo di fronte. Se acquistiamo un’auto gialla, per esempio, capiterà di notare più facilmente e più di frequente altre auto dello stesso colore, illudendoci che informazioni simili a quelle che ci riguardano o che per noi sono importanti si ripresentino molto più spesso del solito proprio perché hanno una rilevanza per noi.
- Bias di proiezione e bias del falso consenso: il bias di proiezione ci spinge a convincerci che la maggior parte delle persone pensi e abbia punti di vista simili al nostro, mentre quello del falso consenso ci induce a esser convinti che gli altri siano d’accordo con noi e la nostra visione della realtà.
- Confirmation bias: a tutti noi piacere essere d’accordo con gli altri e trovare sostegno per le nostre opinioni. Il bias di conferma indica un meccanismo non conscio che attuiamo non consapevolmente per dare riscontro alle nostre opinioni o ai nostri punti di vista pre-esistenti, facendo riferimento e assecondando fonti, prospettive e idee aderenti alle nostre, ignorando o screditando di fatto ciò che non rientra in queste categorie.
- Hyperbolic discounting bias: bias molto comune per cui tendiamo a prendere decisioni e ad agire favorendo una gratificazione immediata rispetto ad una futura e magari più vantaggiosa. Questo bias viene infatti anche chiamato bias del presente, perché indica in modo semplice come sia difficile per noi pianificare e portare avanti scelte lungimiranti.

- In group bias: questo bias, simile a livello di dinamiche a quello di conferma, ci porta a valutare più positivamente i traguardi, i punti di vista e i valori del “gruppo” sociale di cui facciamo parte – famiglia, amici, colleghi di lavoro. I successi di altri gruppi sociali, seguendo questo bias, vengono attribuiti al caso o a fattori esterni non dipendenti dalla qualità delle persone che ne fanno parte.
- Planning Fallacy bias: questo bias indica il nostro proverbiale ottimismo rispetto alla buona riuscita e alle tempistiche necessarie per compiere di azioni, propositi e obiettivi che tendiamo a rimandare al prossimo futuro. Incorriamo in questo bias perché è naturale, per noi, paragonare il tempo e gli sforzi necessari per compiere azioni future basandoci su su task simili che abbiamo portato a termine in passato. L’aspetto interessante relativo a questo bias è che si riflette soltanto su task e azioni personali: le persone dimostrano molto ottimismo nei confronti delle proprie capacità, ma non nei confronti di quelle degli altri, esibendo in questo caso un connaturato pessimismo.
- Status quo bias: il cambiamento spaventa le persone e, proprio perché generalmente tendiamo a preferire scelte semplici ed “effortless”, alla novità preferiamo lo status quo, anche quando la situazione attuale non è vantaggiosa per noi. Questo bias ha a che fare con la nostra innata paura nei confronti dell’ignoto, spingendoci a credere che compiere una scelta diversa da quelle portate avanti finora possa non solo generare alcun beneficio, ma anzi mettere a repentaglio lo “status quo” che abbiamo stabilito. Questo bias è strettamente legato a quello dell’omissione, che spiega come le persone preferiscano subire “passivamente” scelte altrui o la realtà che li circonda piuttosto che agire senza esser sicuri della buona riuscita delle proprie decisioni.

Come si vincono i bias cognitivi?
Come detto, tutti noi a livello non conscio siamo soggetti all’influsso di pregiudizi, letture parziali e spesso inesatte della realtà oggettive: proprio perché euristiche e bias sono meccanismi che intervengono sul nostro processo decisionale a livello automatico, è pressoché impossibile evitare che di tanto in tanto di incorrere in uno di essi.
Conoscere come funzionano e che conclusioni portano a raggiungere, però, è uno strumento tanto semplice quanto efficace per attivare contromisure tempestive e correggere atteggiamenti, comportamenti e pensieri influenzati dai bias: riflettere e ponderare bene le proprie scelte – magari rivedendone alcune rivelatesi col tempo errate – è un primo, importante passo per difendersi dai bias cognitivi e prendere decisioni migliori.